Di sinistra
“Un professore uscito dall’adunanza di un Istituto di alta cultura, in cui erano quel giorno cancellati i nomi di illustri israeliti ebbe a dire: “eppure eravamo tutti contrari”. Alla nostra osservazione del perché avessero ciò fatto, ebbe a rispondere: “siamo tutti pecore, così ridotti dopo sedici anni di regime assolutista”. In alcune facoltà universitarie i rettori e i presidi, come sommo di coraggio, ebbero a dire parole di saluto e “di rispetto” ai colleghi insigni “uscenti” (ma realmente cacciati col decreto). Un mio tentativo di organizzare una protesta fra i professori non ha fatto un sol passo” (Ernesta Bittanti Battisti, Diario 1938 – 1943, Manfrini, Trento)
L’origine del termine italiano è nel latino murus, che definiva le fortificazioni militari, mentre le mura delle abitazioni civili venivano chiamate parietes. Un muro, quindi, non è mai una scelta neutra: indica la paura di chi lo costruisce, tanto più grande quanto più la struttura è alta. Quattro metri di muro innalzati lungo il confine tra due Stati europei sono un bel po’ di paura. Sarebbe il caso di capire se il pericolo maggiore sia al di fuori di esse oppure dentro, con un popolo intero che accetta di sentirsi, da ora in poi, perennemente sotto assedio (Alessandro Masi, Sette)
“Ad esempio le persone con le lentiggini non sono considerate una minoranza da quelle senza lentiggini. Non sono una minoranza nel senso in cui la intendiamo. Perché? Perché una minoranza si considera tale solo quando costituisce una minaccia, vera o presunta, per la maggioranza” (C. Isherwood, Un uomo solo)
Alcuni ricercatori dell’Università di Chicago hanno effettuato un test sui ratti. I topolini avevano di fronte due situazioni: potevano mangiare la cioccolata oppure liberare un altro ratto imprigionato in un tubo. Alla fine, gli animali preferivano liberare il loro simile e poi condividerla con lui. Partendo da questa ricerca Peter Singer, filosofo dell’etica presso l’Università di Princeton, si chiede se sia possibile produrre un farmaco che crei compassione in chi non prova questo sentimento. E’ una domanda interessante quella di Singer, perché è frequente la suprema indifferenza degli esseri umani di fronte a una evidente e tragica sofferenza di altri esseri umani. E’ normale che ognuno pensi quel che crede, ma è lecito chiedersi se la vita abbia un senso quando non si riesce a provare empatia per i simili. La crisi sociale che viviamo influisce sulla vita politica della sinistra che registra una contraddizione pesante: per vincere deve allargare la sua influenza al centro, ma per recuperare credibilità deve avere idee valori programmi che sono propri della sinistra. Oggi sarebbe di sinistra avere una posizione chiara sui migranti, non un fatto transitorio e che finirà domani, ma uno spostamento di popolazione che comporterà modifiche permanenti al nostro stile di vita. Dispersi per l’Europa e il mondo, ma molti rimarranno qui con noi, dandoci il contributo del loro lavoro, ad esempio partecipando al pagamento delle nostre pensioni. E’ essenziale che chi vive con noi abbia i nostri stessi diritti condividendo possibilità e speranze. L’integrazione è quindi l’unica strada percorribile, ma per questo noi per primi dobbiamo avere regole certe mostrando, ad esempio, un paese rispettoso delle leggi e senza favoritismi religiosi (la religione superato un certo limite non è un collante ma un innesco) di nessun tipo, anzi confinando i fideismi nel privato. Come chiederlo ad altri quando in Italia un teocrate spaccone spadroneggia? Fondamentale sarebbe anche arrivare al più presto alla cittadinanza, chi nasce qui è italiano – ricordiamoci che questo ha fatto grande gli Stati Uniti – e chi qui viene dopo un breve percorso diventa cittadino con benefici e doveri che il passaporto comporta. Per attivare queste misure si deve spendere è ovvio. Se l’Ue continua ad essere lenta, il nostro governo potrebbe fare a meno di versare il contributo annuale all’Unione con quei soldi finanziando i programmi di integrazione. Questo sarebbe di sinistra, ma soprattutto giusto.
http://cronachelaiche.globalist.it/Detail_News_Display?ID=120921&typeb=0&ai-confini-della-realta
e se fosse questo tipo di famiglia a renderci infelici?